L’era dell’Edge Computing.

 

Qui una volta era tutto… Cloud.

Nell’ultimo decennio si è affermato il concetto di “Cloud”, ovvero un insieme di risorse computazionali e di archiviazione delocalizzato ed accessibile tramite Internet. Il Cloud ha permesso ad aziende grandi e piccole di poter sviluppare nuove tecnologie grazie alle performance di calcolo di livello superiore; vale la pena ricordare, ad esempio, il Machine Learning e l’Artificial Intelligence.

Queste ed altre tecnologie, che per funzionare richiedono potenza di calcolo e vasta capacità di archiviazione, hanno dato vita a quello che oggi giorno è noto come “Cloud Computing”, ovvero elaborazione nel Cloud. 

L’avvento dell’IoT e i limiti del Cloud Computing.

Da circa un paio di anni, tuttavia, si stanno iniziando a mostrare i limiti di questo approccio. Il Cloud Computing richiede connessioni ad Internet veloci e affidabili, per collegare le sorgenti dati con i server dell’infrastruttura che si occuperanno di elaborarli. Con la diffusione dei dispositivi connessi (si pensi a sensori, telecamere, smart switches, smart appliances, in una parola il mondo IoT) che assurgono al ruolo di sorgenti di dati, si è arrivati ad avere un forte incremento della mole di informazioni da elaborare, con conseguente aumento del traffico sulle reti di trasmissione ed in generale del carico di lavoro per le infrastrutture Cloud.

L’aumento negli anni degli attacchi hacker è poi un’ulteriore fonte di preoccupazione; è già successo e succederà ancora, che che enormi quantità di dati memorizzati nel Cloud finiscano nelle mani sbagliate mettendo a repentaglio la sicurezza e la privacy di aziende, istituzioni e cittadini.

Dal Cloud all’Edge Computing

Per superare i limiti e ai timori legati al Cloud Computing si sta affermando un nuovo approccio tecnologico, noto come “Edge Computing”, ovvero elaborazione sul “bordo”; il bordo in questione è il “confine esterno” della rete che unisce i dispositivi di front-end e l’infrastruttura Cloud.

In pratica l’Edge Computing si prefigge di spostare parte dell’elaborazione dei dati (in alcuni casi tutta) ‘vicino’ ai dispositivi che i dati li generano. Questo è reso possibile grazie soprattutto al progresso tecnologico che, negli ultimi anni, ha permesso di accedere a componenti hardware sempre più performanti ed in grado di processare quantità di informazioni elevante con minimo consumo energetico. 

Si pensi, per esempio, al Neural Engine presente negli ultimi processori Apple che permette di eseguire operazioni di Machine Learning in maniera efficiente e rapida. 

L‘Edge Computing permette di risolvere o mitigare il problema della grossa mole di dati da scambiare tra dispositivi ed infrastrutture Cloud, grazie alla minor latenza (ritardo) tra l’invio dei dati e la ricezione di una risposta o azione da eseguire; contribuisce inoltre a rafforzare la privacy degli utilizzatori, perché non è più necessario dover inviare tutti i dati verso il Cloud, ma una minima parte, magari opportunamente “anonimizzata”.

Come funziona?

Per fare un esempio pratico, si immagini una telecamera di sorveglianza smart, che include una forma di riconoscimento facciale tramite Cloud Computing. Attualmente le tecnologie di riconoscimento facciale più affidabili sfruttano delle particolari reti neurali, che richiedono elevate capacità di calcolo ed è quindi comune l’utilizzo di infrastrutture Cloud per farle funzionare. La telecamera del nostro esempio invia una serie di immagini (o un intero flusso video) verso l’infrastruttura Cloud, tramite Internet. Nel Cloud viene eseguita l’analisi delle immagini e viene restituito il risultato dell’analisi al gestore dell’impianto di sorveglianza, dopo un certo ritardo dovuto al processo e alla connessione.

Adesso si immagini sempre la stessa telecamera di sorveglianza, ma equipaggiata con un sistemi di elaborazione autonomo (processore e memoria, per semplificare). La telecamera può quindi procedere a un’elaborazione almeno parziale se non completa delle immagini, sfruttando sempre una rete neurale ed utilizzando dell’hardware creato appositamente per questo scopo. Successivamente la telecamera invierà al Cloud una serie di informazioni salienti e anonimizzate sui dati ottenuti e sulle elaborazioni effettuate. Il Cloud utilizzerà questi dati per migliorare le performance della rete neurale (operazione che richiede elevate capacità di calcolo), e distribuirà la rete neurale aggiornata ai dispositivi, permettendo di migliorare la capacità di elaborazione delle immagini on device. Ed in qualche modo il cerchio si chiude.

In futuro saranno sempre più comuni dispositivi IoT dotati di riconoscimento facciale, o di oggetti, o audio, o in generale dotati di hardware sufficientemente performante a far si che l’elaborazione sul dispositivo stesso sia più conveniente dell’utilizzo di infrastrutture Cloud.

Edge Computing e app mobile

E per quanto riguarda il mondo mobile? I moderni smartphone sono già, in un certo senso, dei dispositivi adatti all’Edge Computing. Apple sta puntando su questo modello da anni, mettendo a disposizione degli utenti e degli sviluppatori potenti processori, dotati di hardware destinato al Machine Learning (si pensi al Neural Engine già citato) o processori di immagini che permettano di migliorare la qualità delle foto scattate con il dispositivo, portandole al livello di fotocamere professionali (Apple chiama questa tecnologia “Computational Photography”).

Sono già disponibili numerose app che sfruttano l’Edge Computing. A titolo di esempio citiamo Agrix Tech, un’app innovativa creata da una startup africana. Tramite una foto scattata con lo smartphone questa app permette ai contadini di sapere se una pianta della loro coltivazione è malata o magari aggredita da parassiti. È un’app pensata per una situazione in cui l’accesso ad Internet è limitato e si propone quindi di sfruttare al massimo la parte di elaborazione sul dispositivo stesso, minimizzando la quantità di dati da scambiare con i servizi in Cloud.

Nei prossimi mesi ed anni assisteremo ad un proliferare di soluzioni concepite con la logica dell’Edge Computing, nel mondo dell’industria, dei trasporti, nell’agricoltura ma anche e soprattutto all’interno delle nostre case, grazie ai dispositivi che tutti i giorni teniamo nel palmo delle nostre mani.

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